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58 | i. puerili |
SCENA SECONDA
Pompeo e detti.
Pompeo.
Amici,
pur vi riveggo alfin! di mie sventure
un tal contento alleggerisce il peso.
Ah, quale or vi rimiro! un di temuto
dal mondo inter, terror dell'Asia avversa,
85dell'Affrica spavento, e dell'Europa
sostegno e difensor, stender godea
l'amica destra a sollevar le oppresse
nazioni supplichevoli, gementi,
e spesso con la man pietosa e fida
90tersi a regi dagli occhi il mesto pianto:
ora sconfitto, abbandonato, errante
lungi dal patrio suol, qui mi ritrovo
sotto straniero ciel. Pur non vien meno
in questo cuore il marzial coraggio,
95il romano valore; io son Pompeo.
Il sento, il so, venga il nemico, affronti
questa man, questo petto, a mille e mille
avverse schiere in faccia, io saldo e forte
mantenermi saprò. No che Pompeo
100non sa che sia timor; se vinto ei cede,
colpa del fato è sol, non di viltade.
Tigrane il dica, e Mitridate altèro
per me sconfitto; il Medo parli e il forte
Italo invitto, e il generoso Ibero.
105Tal fui, tal son, che in me non langue estinta
la romana virtude, il fier valore.
Teodoto.
Sperar, signor, convien; del tutto avversa
non ti è la sorte. In questo regno amico