Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
III. DA ORAZIO 31 Chi combattè per un somaro in verso, i satiri introdusse nel teatro con orecchie caprine e il piè diverso, orrida barba e il pelo sporco ed atro, che, ballando per dritto e per traverso, parean villani tolti dall’aratro; eppur sempre facean rider le genti, ed ai lor moti stavan tutti attenti. 32 Far non si dee che chi carico d oro fu già veduto, vada all’osteria senza punto curare il suo decoro; o mentre in una lunga diceria strignere in pugno crede un gran tesoro, l’apra e più mosche veda volar via; né la tragedia dee gir tanto abbasso, che batta il naso in un macigno o un sasso. 33 Non mai con versi comici e burleschi tesser si deve una dogliosa azione; diversamente, quattro fichi freschi non vai neppur la tua composizione; e invan per lode aver peschi e ripeschi, se un fauno non sta a segno con le buone, ché in tal caso ci pensan le fischiate, e forse ad correctionem le sassate. 34 Né vale già che quella brutta faccia, che l’insolenza in fronte porta scritta, venga approvata, e punto non dispiaccia a un comprator di noci e fava fritta, o a chi porta in ispalla la bisaccia, se poi da qualche ricco vien proscritta, e se un nobil vorria tirargli i baffi ed afferma ch’ell’è muso da schiaffi.