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III. DA ORAZIO 23 Né in modo cominciar, che nulla vaglia, tu dèi, come un autor con gonfie labbia, cantar volendo una regai battaglia, cominciò da somaro, e a mal non l’abbia: « Canto lo stocco e il batticul di maglia ». Non vedi affé, che véngati la rabbia! quanto meglio costui colpisce il segno? « Vorrei cantar quel memorando sdegno ». 24 Né comincia a narrar dell’aspra guerra fin dal principio, e al fin sempre s’avanza, né il leggitore scoraggisce e atterra con qualche favolosa stravaganza. Se vuoi che quanto popolo rinserra la romana città nella sua panza, accorra all’opre tue, sta’ attento bene che ciascun viva come a lui conviene. 25 Un ragazzuol, che senza precettore a parlar imparò, né di cascare e di batter la zocca ha più timore, con i suoi pari ognor vorria giocare, si sdegna e piange e sta di mal umore, se ciò che vuol non ha; torna ad amare chi adesso odiò ; si cangia ogni momento come una banderuola esposta al vento. 26 Un giovinotto, poi che in sua malora partirsi vide il precettor dal fianco, se da qualcun corretto vien talora, al suo consiglio è sordo come un banco, corre pei campi e balla e salta ognora, e di spender giammai non sembra stanco ; ma, fatto poi viril, diventa avaro, raspa, tien conto, e inchiava il suo denaro.