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I. PUERILI «9 Come il candito, ognor dolci esser denno i nobili poemi, e allor, se ridi ancor io riderò; solo al tuo cenno lacrimar mi vedrai. Dai patri lidi lungi, Peleo, se il duol privo di senno esprime e piange, invan tu gemi o stridi, che una tal quiete m'occupa e si grata, che non mi sveglierebbe una sassata. 20 Chi è mesto deve star con grugno basso, chi è lieto dee mostrar la faccia tosta ; se no, l’illusione andranne a spasso e fuggirà dal palco per la posta, e nel teatro un suon farà fracasso, che a’ recitanti troppo non si accosta, ed è quel sibilar soave e grato, che proprio ad ogni attor rimette il fiato. 21 Dissimile esser dee sempre il discorso di umil servitorello e d’un sovrano, di chi una torre par che porti in dorso e di quel che potria portarla in mano. Ognuno dell’azion nel lungo corso quello dee far briaco, e questo sano; feroce il gatto sia, stizzoso il gallo, destra la scimia e sciocco il pappagallo. 22 Se metter vuoi nuova persona in scena, bada che dal principio insino al fine sia tutto unito come una catena ; ma ti ritroverai poi fra le spine e sentirai gran peso in sulla schiena, se dir vuoi cose ignote e pellegrine; e se imitar di troppo hai tu per uso, alla perfin dovrai battere il muso.