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III. DA ORAZIO 15 Le battaglie de’ sorci e delle rane come dobbiam cantar mostrocci Omero; con zoppi versi le miserie umane descritte furo un giorno; in modo fiero s’accapiglia qualcun con liti strane, l’autor dell’elegia reale e vero onde trovar, né il dotto tribunale sciolse tal causa ancor né ben né male. 16 Archiloco arrabbiato scappò fuora con un giambo alla man come un bastone. Scelse tal verso in sulle scene ancora lo stivaletto e insiem lo stivalone, poiché con lui parlar poteasi ognora nel teatro da tutte le persone. Con i lirici poi sonanti e chiari lodansi i dèi, le pugne ed i somari. 17 Per qual cagion dovrà chiamarsi « vate » lui che fa versi da fugare i cani? Con gravi carmi e scelte e ricercate ampollose parole e nomi strani non si ponno eccitar mai le risate; né d’un maial la strage e l’empie mani tinte del sangue suo pianger faranno, se degni versi allor non si useranno. iS Talora nondimen Creme sdegnoso parla, e si stizza con altèra voce, ed il tragico pur fa da vezzoso nel basso stil : quando Fortuna atroce pel ciuffo abbranca Telefo doglioso, non deve egli con bocca alta e feroce sue sventure narrar, se vuol commossi gli uditori veder con gli occhi rossi.