Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
I. PUERILI Il biondo Tebro, dall’etrusca sponda rivolte Tonde, demolì il vetusto atrio reai con piena furibonda e un tempio augusto ; mentre, indulgente alla crucciosa moglie, furioso troppo, il traboccante fiume volge a sinistra, ad appagar sue voglie, le ondose spume. I pochi giovinetti ascolteranno che i cittadini immersi in pianto amaro contro di loro stessi, a loro danno volser l’acciaro; Io stesso acciar per cui con miglior dritto perir doveva il fiero e crudo Perso, per cui cadere egli dovea trafitto nel sangue immerso. E qual de’ numi dell’ imperio ai mali chiamar potrà il Roman con voce mesta? con quai prieghi le vergini vestali chiameran Vesta? Dal gran Giove a chi mai sarà commesso d’espiar si gran colpa?... Or vieni, vinto dai nostri prieghi, Apoi, vieni tu stesso di nube cinto. Or discendi, Ericina, se tu il vuoi, a cui scherzati d’intorno Amore e Riso; o Marte, vieni tu, se a’ figli tuoi rivolgi il viso; già sazio, aimè! d’assai lunga tenzone, o tu che godi del fragor guerriero e del feroce altier Marso pedone il volto fiero. O tu, mutato il tuo divino aspetto, vieni fra noi dalla magion de’ dèi, Mercurio, tu che sei di Cesar detto vindice, e il sei.