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II
VERSI FRAMMENTI ABBOZZI
Più gradito, e forse più utile, riuscirà ai curiosi, se non agli studiosi, il trovar qui raccolti e ordinati per la prima volta i componimenti poetici espressamente rifiutati, gli abbozzi più o meno informi e fin le minime bricciche. Certamente anche questa volta, se questi scritti non fossero già stampati qua e là, li avrei lasciati inediti tra le carte sinneriane e ranieriane a Firenze e a Napoli. Ma, poiché son quasi tutti editi, meglio è che i curiosi li trovino riuniti qui, senza dover ricorrere a volumi e opuscoli più o meno rari.
Il metodo di composizione indicato dal Leopardi medesimo nella lettera al Melchiorri (5 marzo 1824) è notissimo, e bisogna aggiungere che non è straordinario. Da questa mia raccolta si potrà agevolmente vedere come i «temi», tracciati frettolosamente nel primo momento della ispirazione, spesso si fondessero, si sovrapponessero, si «contaminassero» e, a volte, come per esempio nel Bruto minore, fossero ripresi con uno spirito essenzialmente opposto. E forse sarà anche possibile rendersi conto delle ragioni intime di certi ritorni e di certi abbandoni di argomenti, i quali, come la Canzone sulla Grecia, parrebbe avessero dovuto più commover l'animo del poeta. Ma, per evitare il «ne sutor ultra crepidam», sarà bene passar senz'altro a qualche cenno bibliografico.
I
VERSI E ABBOZZI (1816-19)
1. Le rimembranze, in quell'elenco dei suoi scritti che il Leopardi compilò il 16 novembre 1816, recano l'indicazione: «Riprovate assolutamente dall'autore»; il quale, tuttavia, oltre la copia di mano della sorella, ne conservò l'autografo, che è tra le carte napoletane. Furon pubblicate primamente dal Cugnoni (Opp. inedd. cit., II, 375); poi ancora dal Mestica (Scritti lett. cit., II, 77), che li collazionò sull'autografo.