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nota 267

Volume VI (pp. 15).


Il Paradiso terrestre. Poemetto scritto nelle feste del santo Natale dell'anno 1809. Sciolti.

Sansone. Sciolti, 1809.

[II sesto volumetto o quaderno non è più nella biblioteca Leopardi, né si sa dove sia. Resta, per altro, il Sansone (si veda sopra, quaderno 2, n. 9). Si serbano invece gli altri cinque volumetti, ciascuno di carte 10 non numerate e ciascuno recante, come epigrafe, i famosi versi dell'Epistola ai Pisani: «Qui studet optatam cursu contingere metani Multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit». Epigrafe che può essere stata suggerita; ma che, a ogni modo, è un programma. Dal primo quadernetto ho tolta La morte d'Ettore, sonetto che vai poco, ma che per esplicita attestazione del L. è la prima sua composizione poetica; dal secondo L'uccello; dal terzo L'amicizia. Gli sciolti su La libertà latina difesa sulle mura del Campidoglio son lo stesso componimento trascritto già nel quaderno di Prose varie italiane, (si veda sopra quaderno 2, n. 10). Comincia: «Roma superba e vittoriosa al cielo L'impavida cervice altèra ergea, Ed il possente scettro in man reggendo. Costante sostenea gli avversi colpi. Galli nemici, invan Roma assaliste, Roma feroce, l'invincibil Roma, Ché, di sangue il terren tinto lasciando, Lungi dalla città foste respinti». La traduzione dell’epigramma su Federico secondo di Prussia, di cui nel volumetto V, è anche tra gli Epigrammi: cfr. presente volume, p. 108.]

12. Il Balaamo. Poemetto in sesta rima. Canti tre, 1810. Volume uno, pagine 36.

[È un quaderno di 24 carte non numerate. Nel verso del frontispizio è trascritto come epigrafe il verso oraziano «Opere in Inngo fas est obrepere somnum». Il primo canto consta di trentuna sestina; il secondo e il terzo ciascuno di venti.]

13. Catone in Affrica. Poesie di vario metro, 1810. Volume uno, pagine 53.

[Pare sopra tutto un'esercitazione di metrica. La scelta dei metri non dice molto a favore del buon Sanchini o del conte Monaldo, che è verisimile abbiano assistito coi loro consigli queste prime prove. Dopo una prefazione in prosa, una serie di sestine dà la descrizione del campo di Farsaglia, la partenza di Metello Scipione per l'Africa, l'alleanza tra Giuba, re di Mauritania, il console Scipione e Varo, comandante romano in Africa. Segue un'anacreontica: «Per la infeconda Libia, Per le deserte arene, Caton feroce avviasi Da l'alta ampia Cirene», che continua, descrivendo il viaggio di Catone pei deserti libici con le truppe, e la fortificazione di Utica, ove egli si chiude preparandosi alla difesa. Il viaggio e l'arrivo in Africa di Cesare e il combattimento fra le sue truppe e quelle di Scipione forma l'argomento d'una serie di quartine, alle quali segue una seconda anacreontica: «Fèro nel volto e torbido Fra Faste e l'armi lucide Sittio feroce avanzasi Cinto da forte stuol. Nel cuore ansioso e fervido Morte, ruina, eccidio, Lutto e terror minaccia Al mauritano suol» e cosi via, per narrare l'incursione compiuta da uno dei congiurati di Catilina, Sittio (il quale, dopo la morte di quello, aveva radunati gli sparsi avanzi delle sue bande); l'assedio e la presa di Cirta e la partenza di Giuba per difendere il suo regno. In un'«ode pariniana» si descrive una tempesta notturna e il pericolo corso dall'ar-