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248 II - VERSI FRAMMENTI E ABBOZZI III ULTIMO CANTO DI SAFFO Il fondamento di questa canzone sono i vprsi che Ovidio scrive in persona di Saffo, Epistolae, XV, v. 31 segg.: « Si mihi difficilis formam natura negavit », ecc. La cosa più difficile del mondo, e quasi impossibile, si è d’interessare per una persona brutta; e io non avrei preso mai questo assunto di commuovere i lettori sopra la sventura della bruttezza, se in questo particolar caso, che ho scelto a bella posta, non avessi trovato molte circostanze che sono di grandissimo aiuto, cioè: 1. la gioventù di Saffo e il suo esser donna (noi scriviamo principalmente agli uomini : ora « ni inora fea, ni vieja hermosa», dicono gli spagnuoli); 2. il suo grandissimo spirito, ingegno, sensibilità, fama, anzi gloria immortale, e le sue note disavventure; le quali circostanze par che la debbano fare amabile e graziosa, ancorché non bella, o, se non lei, almeno la sua memoria; 3. e sopra tutto la sua antichità. Il grande spazio frapposto tra Saffo e noi confonde le immagini e dà luogo a quel vago ed incerto, che favorisce sommamente la poesia. Per bruttissima che Saffo potesse essere, che certo non fu, l’antichità, l’oscurità dei tempi, l’incertezza, ecc., introducono quelle illusioni che suppliscono ogni difetto.