quando Catone dal notturno letto,
con agitato cuor dubbioso e tacito,
inquieto sorge in minacciante aspetto; 10l’acciaro afferra, quell’acciar funesto
che la sua man rotò, che al fiero esercito
fu de’ nemici un di cotanto infesto.
Lo snuda a un tratto, e di tai voci il suono,
fuoco spirando da la torva faccia, 15udir ei fa con alto orribil tuono:
— Roma infelice, sventurata Roma,
dunque il capo piegar dovrai, da un empio,
da un perverso tiranno oppressa e doma?
Dunque vinta cadrai, dunque il tuo soglio 20calpesterà con fermo piede immobile
d’un ribelle infedele il fiero orgoglio?
Te, che de’ Galli il popol contumace
sconfigger già potesti e la numidica
intrepida atterrar nazione audace; 25te, per cui cadde estinto il fier Sannita,
cui nel campo cedé l’altèr Macedone
e dell’assirio re la turba ardita;
te, che su d’aureo trono, aureo e sublime,
sedesti un di; te dunque i lacci stringono 30ed un giogo servile atterra e opprime?
E mirarti io potrò sotto l’altèro
scettro, di tua ruina infausto indizio,
il crinito piegar nobil cimiero?
e la fulminea tua spada raggiante 35e il serto aurato e l’asta e l’armi lucide
sul suol deporre ad un tiranno innante?
Ah no! Simile orror dagli occhi miei
esser lungi dovrà; tue leggi io venero;
la mia signora, alta città, tu sei. 40Se cade il tuo poter, cadere insieme
quegli dovrà che a te fedel conservasi
e che di morte il crudo acciar non teme.