giacer mirava nel sopor la terra.
Lieti posavan su le verdi fronde
i taciti augelletti; il rugghio orrendo
udir non si facea de l’aspre belve, 65che fra gli opachi ed intricati boschi
amica tregua a le diurne cure
davan col sonno, e a la custodia intento
solo vegliava il fido can nei campi
o del pastore a la capanna accanto. 70Di già, scotendo la stillante verga,
il tacito sopore in cieco oblio
il dolente Damon sepolto avea;
quando ad un tratto d’ingannosa imago
adombra il sonno del pastor la mente; 75che, ancor fra l’alta oblivione avvolto,
solo a l’estinto sventurato amico
il doglioso pensier fisso ed immoto
ognor tenea; con le sonanti penne
le luci a lui coprendo, il sogno errante 80l’afflitta mente d’atre larve ingombra.
Nel cupo della terra orrido seno
entrar gli sembra fra le tombe oscure
degli estinti mortali: umile il volto,
dimesso il portamento e grave il passo, 85egli s’avanza al moribondo lume
di sepolcrali lampade dubbiose
pendenti innanzi ai tenebrosi avelli
degli avi antichi. Le marmoree tombe
mira de’ regi che, orgogliosi un giorno, 90steser lo scettro sopra i vasti imperi
e su d’allèro soglio un dí fûr visti
regnar superbi e dettar leggi al mondo.
Tacite e meste ai neri avelli accanto
vede l’ombre seder, non più di ricca 95aurea corona cinto il nobil capo,
ma solo di funèbre atro cipresso;