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ix. agl'italiani 163

giammai. Noi detestiamo la vostra Atene, che non riconosce più dei Pericli, ma dei Pisistrati per capi, e che non ha più degli Armodi ad opporgli1.

Ornai ogni francese è degno di odio, perché niun francese riconosce i delitti della sua nazione. Accecati dall'amore verso la loro patria, essi non sanno confessare che ella ha avuto dei torti. Chiamano grandezza d'animo ciò che è orgoglio sfrenato, sensibilità ciò che è fanatismo. Le loro armate non sono state vinte, esse sono le migliori d'Europa2; la Francia è la prima nazione dell'universo, e i francesi, nati per comandare, meritano la venerazione di tutti i saggi. Qual frenesia! Malgrado tutte le loro sventure, essi non sanno rinunziare all'ambizione di essere i signori del mondo. Noi fummo un tempo più di loro potenti, ma non esitiamo a confessare che noi fummo dei tiranni. Noi onoriamo la nostra nazione col riconoscerne i torti; ma essi l'abbassano col cercar d'innalzarla. Dopo la distruzione della tirannia, si son veduti degli spiriti virtuosi e sensibili rigettare sugl'italiani la odiosità dei mali cagionati all'Europa, accusar lo straniero dei delitti che hanno fatto fremere l'universo, e giudicar la Francia incapace di tali eccessi. Essi hanno dimenticato che, allorquando il tiranno era secondato dalla fortuna, essi avean detto: — Noi possiamo riguardarlo come francese3. — I suoi più verdi anni, la sua educazione appartengono alla Francia, ed è colla educazione che l’uomo si forma ed apprende a concepir quei disegni che poscia deve eseguire. Si, la Francia, allevò nel suo seno questo mostro che aveva a sbranarla: invano vorrebbe essa rigettare sullo straniero l'orrore dei suoi misfatti. Taccio che il sangue francese scorre forse nelle sue

  1. Armodio ed Aristogitone distrussero la tirannia dei Pisistratidi. Gli ateniesi gl'innalzarono delle statue.
  2. Quando il maresciallo di Tallard fu fatto prigione dall'armata collegata nella battaglia di Hochstädt, disse al duca di Marlboroug che egli era inconsolabile, perché erano state battute le migliori truppe del mondo. — Io spero — rispose il duca — che voi eccettuerete quelle che le hanno vinte. —
  3. Cosi appunto avea scritto Francesco Pagès, nella Storia secreta della Rivoluzione francese, libro XXXI.