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delle sue spoglie recarsi a valicare le Alpi e ad abbellire terre straniere, mentre il Francese avido e sitibondo chiedeva nuove prede e nuova ésca alla sua insaziabile ingordigia; ella gemea frattanto sordamente e si spogliava del suo oro e dei suoi più preziosi pegni, per ricevere in cambio delle catene. Misera Italia! che sono ora i tuoi tempii, oggetto una volta della invidia delle nazioni? che sono i tuoi edifizi e le tue vie, si ricche un tempo di ciò che a niun popolo era dato d'imitare? Esse sono povere e nude, lo straniero possiede le tue spoglie e ne orna le sue contrade insanguinate, i suoi tribunali di proscrizione. Invano la natura ti fe' madre feconda dei più nobili artefici, invano ti rese superiore ad ogni popolo nelle arti e ti forni dei loro più rari prodotti, invano i Raffaelli e i Tiziani travagliarono assiduamente per illustrare la loro patria col loro immortale pennello; lo straniero, non potendo rapirti gl'ingegni, ne usurpa i frutti e ti priva del modo di mostrare all'Europa con autentiche testimonianze la tua superiorità. Italiani! si vuol privarvi di quella gloria che avete acquistata da tanto tempo e che tanti secoli vi confermarono. Non permettete che lo straniero profitti del vostro silenzio. Quando i monarchi liberatori d'Europa carichi di novelle palme avranno reiterato il loro ingresso trionfale nella ribelle Babilonia, ridomandate con fermezza i vostri monumenti e andate con confidenza a riconoscere fra quel cumulo di rapiti tesori le vostre spoglie insanguinate. Frattanto i francesi riconoscono essi i loro torti? Dopo si orrende catastrofi, sono essi pronti a rinunziare alle loro antiche prede? No: la loro capitale è, dicon essi, quella del mondo civilizzato; quivi deve essere il museo dell'Europa. Roma in una nobile indigenza cerchi i modi di risarcire con dei nuovi monumenti la perdita di quelli che essa ha ceduti alla erede di Atene1. Vili usurpatori! Noi nulla vi cedemmo, né vi cederemo

  1. «Pour dernier trait de cet amour des arts, si naturel aux chefs de l'Église, le successeur de Pie VI en même temps qu'il rend la paix aux fidèles, trouve encore, dans sa noble indigence, des moyens de remplacer, par de nouvelles statues, les chefs-d'œuvre, que Rome, tutrice des beaux arts, a cédés à l'héritière d'Athènes». M. De Chateaubriand, Génie du Christianisme, quatrième partie, livre VI, chap. 6.