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ix. agl'italiani 161


Noi abbiamo a sperare un riposo veramente durevole. Se alcuno volesse turbarlo, noi saremmo difesi da tutta l'Europa. Coll'ingrandirsi in Italia, egli distruggerebbe l’equilibrio che tutte le potenze sono interessate a conservare. E chi infatti potrebbe inquietarci? Forse quel monarca augusto che possiede già tanto in Italia, egli che impiega al presente le sue proprie armi per ristabilire in essa dei diritti legittimi, e che non può aver maggiore interesse che quello di vederla pacifica? Forse gli altri principi d'Europa, che, distanti per gran tratto dall'Italia, non possono desiderare di possederla né sperare di conservarla? Forse gli stessi pacifici regnanti italiani, che nulla bramano più che il riposo, che non avrebbono né causa di eccitar discordie né mezzi per sostenere una guerra durevole? L'Italia sarà dunque la più felice di tutte le nazioni, e il mantenerla in questo stato sarà dell'interesse di tutta l'Europa. Essa non avrà a temere che la nemica dell'universo, la Francia.

E tempo, italiani, di risvegliare il vostro entusiasmo. Quegli che ci proponeva di cacciare i nostri principi e di riunirci sotto un sol capo, era francese. Francese! Si, italiani, e di famiglia e d'interessi congiunto al nemico dell’Europa. Egli secondava i suoi movimenti, egli avrebbe fatto servire l’Italia alle sue mire, egli ci avrebbe fatti schiavi della Francia. Gran Dio! Quella nazione sleale, che ha perduto ornai ogni diritto alla stima d'Europa, potrebbe mai tornare ad esercitare il suo tirannico imperio sopra il più bel paese della terra? No, francesi. Noi meritiamo altri destini. Una nazione si nobile non avrà più l'onta di esservi suddita. Un milione di armati ce ne assicura. Ma l'Italia per colpa della Francia ha già perduta una parte del suo splendore. Ambizioso e vile, quel popolo sciagurato ci ha rapiti i più cari oggetti della nostra compiacenza e del nostro innocente orgoglio: i preziosi monumenti delle arti. L'Italia gettò un grido di lamento quando vide le sue contrade spogliarsi di ciò che ne formava la gloria, saccheggiarsi i suoi palagi, i suoi tempii privarsi dei loro più vaghi ornamenti, che formavano l'ammirazione dell’Europa e che intieri secoli non valgono a rimpiazzare. Ella vide lunghe file di carri carichi

G. Leopardi, Opere - X. 11