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IX
AGL'ITALIANI
Orazione in occasione della liberazione del Piceno
(1815)
AL LETTORE
Gli antichi soleano dare alla loro patria dei consigli, o felicitarla di qualche successo, dalle tribune o dai rostri col mezzo di arringhe. Essi ci hanno lasciate le loro magnifiche orazioni, che trasportano il lettore nei tempi nei quali furono pronunciate, e lo collocano in mezzo alla udienza romorosa dell'oratore, tra il plauso e l'entusiasmo di un popolo ebbro di sentimenti di gloria. Volli imitarli, indirizzando ai miei compatrioti un'orazione e immaginandomi di parlar loro. Gl'italiani non troveranno in me nè un Demostene nè un Marco Tullio; ma io spero di trovare negl'italiani degli ateniesi e dei veri successori dei romani.
«Scilicet... vocem pupuli romani et libertatem senatus et conscientiam generis humani aboleri arbitrabantur». Taciti Vita Iulii Agricolae, cap. 3.
«Dedimus profecto grande patientiae documentum, et sicut vetus aetas vidit quid ultimum in liberta te esset, ita nos quid in servitute» Idem, ibidem.
«Natio comoeda est». Iuvenalis Satirae, III, v. 100.