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vii. dialogo filosofico | 125 |
canica di questa naturai funzione? e qual cosa perciò più atta a dimostrarci la nostra libertà, quanto il potere che abbiam noi di sospenderla? — Si trasse, si dicendo, di tasca il letterato una elegante scatola piena di morbida polvere fragrante, quale offerta in giro agli astanti. — Io — prosegui — son libero al presente di appressar questa polve alle narici o di rifiutarla, e voi pur lo siete, o signore, ed un interno sentimento vel dimostra per modo che, senza, direi, quasi lottar con voi stesso, egli vi è impossibile il negarlo. Qual proposizione adunque più manifestamente falsa di quella che va a ridursi ad un pirronismo universale, negando ciò di cui l'intima cognizione e la cotidiana esperienza tuttodì ci fa certi?
— Ma questa esperienza appunto favorevole alla libertà dell'uomo — interruppe il giovane — si è quella che non vuoisi ammettere per niun conto da alcun sensato filosofo. Se diffatto un interno sentimento ci mostrasse ad evidenza la nostra libertà, come potrebbero aver luogo cotante dispute e dissensioni per ispiegar la natura del libero arbitrio e per assegnarne la teoria? Qual difficoltà potrebbe esservi mai a comprendere ciò che una cotidiana esperienza ci facesse tutto giorno manifesto? Io non potrei non farmi beffe di tutti i filosofi, che tanti dubbi muovono sopra una cosa chiara per se medesima e palese qual voi la dite.
— Pregovi — rispose il filosofo — ad escusarmi, se non temo di affermare esser la vostra obiezione affatto insufficiente. Voi ponete per fondamento del vostro raziocinio questo principio, cioè che intorno ad un fatto chiaro ed evidente non può esservi division di pareri e contrarietà di partiti. Osservate però le assurde conseguenze che da tal principio derivano. Voi non conoscete l'intima natura del pensiero; dovrete dunque, secondo la vostra massima, riputare un inganno il credere che facciam noi di pensare. Voi ignorate la certa causa della inerzia dei corpi; dovrete dunque negarla o dubitarne. Voi vi ritrovate nello istesso imbarazzo in riguardo alla universale attrazione; dovete dunque crederla una chimera, giacché se dell'esistenza di questa forza, e di quella della inerzia, e del pensiero ci facesse per-