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110 i. puerili


Epigr. X.

Da sacro cineri flores: hic ille Marotii
     Sincerus Musa proximus ut tumulo.

Epigr. XIV. — È nota la pazzia degli alchimisti, i quali pretendeano poter trovare un elissir di vita che li rendesse immortali.

Epigr. XXIII. — Sopra questo soggetto medesimo noi abbiamo il seguente antico epigramma:

Quis deus, Octavi, te nobis abstulit? an qua
     dicunt: — Ab nimio pocula dura mero? —
Scripta quidetn tua nos multum mirabimur, et te
     raptum, et romanam flebimus historiam.

Epigr. XXIV. — Tirteo fu zoppo, e Omero cieco, secondo molti autori.

Epigr. XXVI.

     Quid me impticatis patmites
plantam Minervae, non Bromii?
Procut racemos tollite,
ne virgo dicar ebria.

Epigr. XXVII. — È noto che Apelle dipinse il ritratto di Antigono in profilo, nascondendo cosi la mancanza di un occhio, che questo principe avea perduto.

Epigr. XXX. — Parrasio pittore fu vinto da un altro pittore Timante, con un quadro che rappresentava il giudizio pronunziato da' greci sopra le armi di Achille. In questa occasione egli disse quelle parole che sono espresse in questo epigramma.

Epigr. XXXI.

Donec eris fetix, multos numerabis amicos:
     tempora si fuerint nubila, solus eris:
aspicis ut veniant ad candida teda columbae;
     accipiet nullas sordida turris aves.
Ovidius