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v. epigrammi 105

XXVI

Sopra un ulivo intorno a cui intrecciossi una vite.


     Ahi! qual me, pianta di Minerva, stringe
di Bacco odioso ingombro!
Lungi da me di vite ogni racemo;
ebra esser detta, o ciel, pavento e temo.


XXVII

Per un losco.


     Pingi, o Licida, Elpin, ma saggio imita
il greco Apelle, e nel fatai disastro
l’arte a natura cosi presti aita.


XXVIII

Per il celebre astronomo Ticone-Brahé, che, avendo perduto il naso, se ne rifece uno d'oro.


     Di Mida la virtù, né strano è il caso,
ebbe da Bacco in dono il gran Ticone,
e tal, che in oro poi cangiossi il naso.


XXIX

Per malattia di un medico.


     Benché infermo, Damon cura non prende
d'opporsi a morte, ché il suo nome istesso
troppo da' colpi suoi sicuro il rende.


XXX

Parrasio a Timante.


     D'esser vinto da te, no, non mi spiace;
ho duolo sol, perché ora fu di nuovo
vinto da Ulisse il generoso Aiace.