Morir torrebbe innanzi ch’a la macina
por mano, abburattar, trovare i bruscoli,
sbrattar la casa. Non s’ardisce assistere
al forno, per timor de la fuliggine. 60Pur, com’è forza, del marito impacciasi.
Quattro e sei fiate il giorno si chiarifica
da le brutture, si profuma e pettina
sempre vezzosamente, e lungo e nitido
s’infiora il crine. Altrui vago spettacolo 65sará certo costei, ma gran discapito
a chi la tien, se re non fosse o principe,
di quei c’hanno il talento a queste ciuffole.
Quella che da la scimmia i numi espressero
è la peste maggior dell’uman vivere. 70Bruttissima, scriata, senza natiche
né collo, ma confitto il capo agli ómeri:
andando per la terra, è giòco e favola
de’ cittadini. Oh quattro volte misero
quel che si reca in braccio questo fulmine! 75Quanti mai fûr costumi e quante trappole,
come la monna suol, di tutto è pratica;
e non le cal che rida chi vuol ridere.
Giovar non sa, ma questo solo ingegnasi
e tutte l’ore intentamente medita, 80qualche infinito danno ordire e tessere.
Ma la donna ch’a l’ape è somiglievole
beato è chi l’ottien, che d’ogni biasimo
sola è disciolta, e seco ride e prospera
la mortal vita. In caritá reciproca, 85poi che bella e gentil prole crearono,
ambo i consorti dolcemente invecchiano.
Splende fra tutte; e la circonda e séguita
non so qual garbo; né con l’arte è solita
goder di novellari osceni e fetidi. 90Questa, che de le donne è prima ed ottima,
i numi alcuna volta ci largiscono.