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per una donna inferma | 77 |
120né ’l mondo ti spirò suo puzzo in viso.
Tutti tuoi pari andran tosto fra’ morti,
e avranno il più di lor fracidi i cori;
che questo mondo è scellerata cosa,
e quel mal che non osa
125candida gioventute, è scherzo al vile
senno d’etá provetta,
e nefanda vecchiezza; e in cor gentile
quel che natura fe’, spegne l’esempio,
tanto che poco aspetta
130quel giusto ed alto a farsi abbietto ed empio.
E te pur lorda avria
l’indegna mota, che sei tanto bianca;
tutti, qualunque ha più robusto il petto,
io, de’ malvagi io fòra, o donna mia,
135e sarò pur se ’l tempo non mi manca,
che virtù prezzo più che gioventude,
e, se virtù non chiude,
fuggo beltá che pur m’è tanto cara;
me, s’io non ho giá presso
140l’ultimo sol, me di sua pece amara
imbratterá la velenosa etade,
e questo core istesso
fia di malizia speco e di viltade.
Or ti rallegra o sventurata mia:
145tutto ti toglia l’implacanda sorte,
non l’innocenza de la corsa vita
non ti torrá, né morte
né ’l cielo né possanza altra che sia.
Fra nequitosa gente,
150qual se’ discesa, tale a la partita,
cara, o cara beltá, mori innocente.