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appressamento della morte | 39 |
CANTO SECONDO
Parve di fòco una vermiglia lista
a l’orizzonte a galla sopra ’l mare,
ch’atava in quell’orror la dubbia vista:
come di state dopo ’l nembo pare
5sul mar la notte luce di baleno
che lambe l’acqua e l’ombre fa piú rare;
o come ride striscia di sereno,
dopo la pioggia sopra la montagna,
allor che ’l turbo placasi e vien meno.
10Ed i’ vedeva gente molta e magna
passar non lunge innanzi a quel chiarore,
che n’era piena tutta la campagna.
E primier vidi sogghignando Amore
svolazzar su la gente di suo regno
15tanta ch’e’ di quaggiú parea signore.
Iva misera turba che fu segno
a suoi strali roventi, e parea tutta
atteggiata di doglia e di disdegno.
Questi son que’ che ne la fera lutta
20di nostra vita vinse la gran possa
di quel desio che pianto e morte frutta.
Quest’è la turba che nel mondo ingrossa
al volger d’ogn’istante, e non vien manco
per volar d’ora o spalancar di fossa.
25Fermo i’ guardava, e quel che m’era al fianco
(e ’l potea ben senza mirarmi il viso)
scorse ’l dubbiar de lo ’ntelletto stanco,
e disse: — Questa è gente che di riso
non ebbe un’ora in vostra vita lassa,
30pur sempre ebbe a cercarlo il pensier fiso.