E ’l duro vento col petto rompea, 65che gocce fredde, giú per l’aria nera
soffiando, sopra ’l volto mi spignea,
E ’l tuon veníami ’ncontra come fera
rugghiando orribilmente senza posa,
e cresceva la pioggia e la bufera. 70E ne la selva era terribil cosa
il volar foglie e rami e polve e sassi,
e ’l rombar che la lingua dir non osa.
I’ non vedeva u’ fossi ed u’ m’andassi:
tant’era pien di dotta e di terrore 75che non sapea piú star né mover passi.
Era ’l balen sí spesso che ’l bagliore
s’accendea sempre e mai non era spento,
perch’al fine i’ ristetti a quell’orrore,
e mi rivolsi indietro; e ’n quel momento 80si stinse ’l lampo e tornò buia l’etra
ed acquetossi ’l tuono e stette ’l vento.
Taceva ’l tutto, ed i’ era di pietra
e sudava e tremava che la mente,
come ’l rimembra, per l’orror s’arretra; 85e ’l palpitar si facea piú frequente:
quando, com’astro che per l’aer caggia,
un lume scese e fémmisi presente.
Splendeva in quella tenebria selvaggia
sí chiaro che vincea vampa di foco, 90qual fornace di notte in muta piaggia,
e splendendo cresceva a poco a poco;
e ’n mezzo vi pareva uman sembiante
vago sí ch’a ’l ritrar mio stile è roco.
Ed i’ tremava dal capo a le piante, 95ma pur dolcezza mi sentia nel petto
in levar gli occhi a quel che m’era innante.
Bianco vestia lo Spirto benedetto,
raggiante come d’espero la stella,
e avea ’l crin biondo e giovenil l’aspetto.