Ahi, son fumo quaggiú l’ore serene!
Un momento è letizia, e ’l pianto dura. 30Ahi, la téma è saggezza, error la spene.
Ecco imbrunir la notte, e farsi scura
la gran faccia del ciel ch’era sí bella,
e la dolcezza in cor farsi paura.
Un nugol torbo, padre di procella, 35sorgea di dietro ai monti e crescea tanto
che non si vedea piú luna né stella.
Io ’l mirava aggrandirsi d’ogni canto,
e salir su per l’aria a poco a poco,
e al ciel sopra mia testa farsi manto. 40Veniva ’l lume ad ora ad or piú fioco,
e ’ntanto tra le frasche crescea ’l vento,
e sbatteva le piante del bel loco,
e si facea piú forte ogni momento
con tale uno stridor, che svolazzava 45tra le fronde ogni augel per lo spavento.
E la nube crescendo in giú calava
ver’ la marina, sí che l’un suo lembo
toccava i monti e l’altro il mar toccava.
Pareva ’l loco d’ombra muta in grembo, 50di notte senza lampa chiusa cella,
e crescea ’l buio a lo ’ngrossar del nembo.
Giá cominciava ’l suon de la procella,
e di lontan s’udiva urlar la pioggia
come lupi d’intorno a morta agnella. 55Dentro le nubi in paurosa foggia
guizzavan lampi e mi fean batter gli occhi,
e n’era ’l terren tristo e l’aria roggia.
I’ sentia giá scrollarmisi i ginocchi;
ch’i tuoni brontolavano a quel metro 60che torrente vicin che giú trabocchi.
Talora i’ mi sostava e l’aer tetro
guardava spaurato e poi correa,
sí ch’i panni e le chiome ivano addietro.