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4. — La Satira di Simonide contro le donne, tradotta dal conte Giacomo Leopardi fu stampata per la prima volta nel Nuovo Ricoglitore, anno I, quaderno XI (novembre 1825), pp. 828-31 e ripubblicata nei Versi del 1826; donde passò negli Studi filologici pp. 231-34 e negli Scritti letterari, II, 273-6.
5. — Alla versione de La guerra dei topi e delle rane il Leopardi lavorò amorosamente, tornandovi sopra a piú riprese. La prima stesura è tra i Saggi; una seconda, mandata al Brighenti per la raccolta di traduzioni di Omero, incominciata a Verona dal Torri e che s’arrestò all’Odissea del Pindemonte, fu stampata a Bologna nel Caffé di Petronio, numeri 19, 20 e 21 (aprile-maggio 1825): nel volume dei Versi è la definitiva, che ho qui riprodotta testualmente, salvo a dar in appendice le opportune varianti.
II
PARALIPOMENI
DELLA BATRACOMIOMACHIA
Furono editi per la prima volta dal Ranieri a Parigi (Baudry, 1842). Senonché lo stesso Ranieri, quando si fece a pubblicar le Opere «secondo gli ultimi intendimenti dell’autore», non ve li comprese; né, infatti, sono tra i quattro cahiers apprestati dal Leopardi per la stampa. Dopo le Opere il Lemonnier riprodusse, imitandola esattamente, l’edizione parigina; ma a far parte delle Opere non furono ammesse neppure con la curiosa transazione adottata per gli Studi filologici e il Saggio. Il Mestica, invece, li volle includere tra le Opere approvate, e li ristampò subito dopo i Canti. Non bene, a mio avviso. Giacché questi otto canti sono un lungo frammento d’un poema che non è facile immaginare come e dove sarebbe andato a finire. Probabilmente non sarebbe finito mai, neppure se il poema si fosse svolto per «cento canti», come il Byron voleva fare del suo Don Giovanni. Cominciato forse col solo intendimento di metter in burla le guerre e le congiure dei carbonari, si allargò via via all’intenzione di satireggiare tutte le tendenze e dottrine del tempo.