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canto ottavo 201

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     Non è l’estinto un animal risivo,
anzi negata gli è per legge eterna
la virtú per la quale è dato al vivo,
che una sciocchezza insolita discerna,
sfogar con un sonoro e convulsivo
atto un prurito della parte interna.
Però, del conte la dimanda udita,
non risero i passati all’altra vita.
25
     Ma primamente a lor su per la notte
perpetua si diffuse un suon giocondo,
che di secolo in secolo alle grotte
piú remoto pervenne insino al fondo.
I destini tremâr non forse rotte
fosser le leggi imposte all’altro mondo,
e non potente l’accigliato Eliso,
udito il conte, a ritenere il riso.
26
     Il conte, ancor che la paura avesse
de’ suoi pensieri il principal governo,
visto poco mancar che non ridesse
di sé l’antico tempo ed il moderno,
e tutto per tener le non concesse
risa sudando travagliar l’inferno,
arrossito saria, se col rossore
mostrasse il topo il vergognar di fuore.
27
     E confuso e di cor tutto smarrito,
con voce il piú che si poteva umíle,
e in atto ancor dimesso e sbigottito,
mutando al dimandar figura e stile,
interrogò gli spirti a qual partito
appigliar si dovesse un cor gentile,
per far dell’ignominia ov’era involta
la sua stirpe de’ topi andar disciolta.