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198 ii - paralipomeni della batracomiomachia

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     Né mai selvaggio alcun di prèmi o pene
destinate agli spenti ebbe sentore,
né giá dopo il morir delle terrene
membra l’alme credé viver di fuore,
ma palpitare ancor le fredde vene,
e insomma non morir colui che mòre,
perch’un rozzo del tutto e quasi infante
la morte a concepir non è bastante.
13
     Però questa caduca e corporale
vita, non altra, e il breve uman viaggio,
in modi e luoghi incogniti immortale
dopo il fato durar crede il selvaggio,
e lo stato i sepolti anco aver tale
qual ebber quei di sopra al lor passaggio,
tali i bisogni, e non in parte alcuna
gli esercizi mutati o la fortuna.
14
     Ond’ei sotterra con l’esangue spoglia
ripon cibi e ricchezze e vestimenti,
chiude le donne e i servi, acciò non toglia
il sepolcro al defunto i suoi contenti;
cani, frecce ed arnesi a qualsivoglia
arte ch’egli adoprasse appartenenti,
massime se il destín gli avea prescritto
che con la man si procacciasse il vitto.
15
     E questo è quello universal consenso
che in testimon della futura vita
con eloquenza e con sapere immenso
da dottori gravissimi si cita;
d’ogni popol piú rozzo e piú milenso,
d’ogni mente infingarda e inerudita:
il non poter nell’orba fantasia
la morte imaginar che cosa sia.