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192 ii - paralipomeni della batracomiomachia

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     Girava il monte piú di cento miglia,
e per tutto il suo giro, alle radici,
eran bocche diverse a maraviglia
di grandezza tra lor, ma non d’uffici.
Degli estinti animali ogni famiglia,
dalle balene ai piccioli lombrici,
alle pulci, agl’insetti, onde ogni umore
han pieno altri animai dentro e di fuore,
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     microscopici o in tutto anche nascosti
all’occhio uman quanto si voglia armato,
ha quivi la sua bocca. E son disposti
quei fori sí, che dei maggiori allato
i minori per ordine son posti.
Della maggior balena e smisurato
è il primo, e digradando a mano a mano,
l’occhio s’aguzza in sugli estremi invano.
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     Porte son questi d’altrettanti inferni,
che ad altrettanti generi di bruti
son ricetti durabili ed eterni
dell’anime che i corpi hanno perduti.
Quivi però da tutti i lidi esterni
venian radendo l’aria intenti e muti
spirti d’ogni maniera, e quella bocca
prendea ciascun ch’alla sua specie tocca.
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     Cervi, bufali, scimmie, orsi e cavalli,
ostriche, seppie, muggini ed ombrine,
oche, struzzi, pavoni e pappagalli,
vipere e bacherozzi e chioccioline,
forme affollate per gli aerei calli
empiean del tetro loco ogni confine,
volando, perché il volo anche è virtude
propria dell’alme di lor membra ignude.