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canto settimo 187

24
     Cosí, d’ali ambedue vestito il dosso,
su pe’ terrazzi del romito ostello,
il novo carco in pria tentato e scosso,
preser le vie che proprie ebbe l’uccello.
Parea Dedalo appunto un uccel grosso,
l’altro al suo lato appunto un pipistrello:
volâr per tratto immenso, ed infiniti
vider gioghi dall’alto e mari e liti.
25
     Vider cittá di cui non pur l’aspetto
ma la memoria ancor copron le zolle,
e vider campo o fitta selva o letto
d’acque palustri limaccioso e molle,
ove ad altre cittá fu luogo eletto
di poi, ch’anco fiorîro, anco atterolle
il tempo, ed or del loro stato avanza
peritura del par la rinomanza.
26
     Non era Troia allor, non eran quelle
ch’al terren l’adeguâro Argo e Micene,
non le rivali due, d’onor sorelle,
di fortuna non giá, Sparta e Messene;
né quell’altra era ancor che poi le stelle
dovea stancar con la sua fama, Atene;
vòto era il porto e dove or peregrina
la gente al tronco Partenón s’inchina.
27
     Presso al Gange ed all’Indo eccelse mura
e popoli appariano a mano a mano.
Pagodi nella Cina, ed alla pura
luce del sol da presso e da lontano
canali rifulgean sopra misura
vari di corso per lo verde piano,
che di cittá lietissimo e di gente,
di commerci e di danze era frequente.