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— Perché — dicea — chiunque gli occhi al sole
chiudere, o rinnegar la coscienza,
ed a se stesso in sé mentir non vuole,
certo esser dee che dalla intelligenza
de’ bruti a quella dell’umana prole
è qual da meno a piú la differenza,
non di genere tal, che se rigetta
la materia un di lor, l’altro l’ammetta. 13
Che certo, s’estimar materia frale
dalla retta ragion mi si consente
l’io del topo, del can, d’altro mortale,
che senta e pensi manifestamente,
perché non possa il nostro esser cotale
non veggo: e se non pensa inver né sente
il topo o il can, di dubitar concesso
m’è del sentire e del pensar mio stesso. — 14
Cosí dicea. Ma che l’uman cervello
ciò che d’aver per fermo ha stabilito
creda talmente che dal creder quello
nol rimuova ragion, forza o partito,
due cose, parmi, che accoppiare è bello,
mostran quant’altra mai quasi scolpito:
l’una, che poi che senza dubbio alcuno
di Copernico il dogma approva ognuno, 15
non però fermi e persuasi manco
sono i popoli tutti e son le scole,
che l’uomo, insomma, senza uguali al fíanco
segga signor della creata mole,
né con modo men lepido o men franco
si ripetono ancor le antiche fole,
che fan dell’esser nostro e de’ costumi
per nostro amor partecipare i numi;