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canto sesto 179

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     A dire incominciò, siccome Enea
nelle libiche sale, il peregrino.
Al dirimpetto l’altro gli sedea
sur una scranna, ed ei sul tavolino
con due zampe atteggiando, e gli pendea,
segno d’onor, dal collo un cordoncino,
che salvo egli a fatica avea dai flutti,
dato dal morto re Mangiaprosciutti.
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     E dal principio il seme e i genitori
e l’esser suo narrò succintamente.
Poi discendendo ai sostenuti onori,
fecesi a ragionar della sua gente,
narrò le rane ed i civili umori,
la Carta e il granchio iniquo e prepotente;
le due fughe narrò chinando il ciglio,
e le congiure ed il non degno esigilo.
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     E conchiudendo, siccom’era usato,
raccontò le speranze e le promesse,
che da piú d’un possibile alleato
raccolte aveva autentiche ed espresse;
e l’ospite pregò che avesse dato
soccorso anch’egli ai topi ove potesse.
Rari veleni d’erbe attive e pronte
quegli offerí, ma ricusolli il conte;
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     dicendo ch’oltre al non poter sí fatto
rimedio porsi agevolmente in opra,
a quell’intento saria vano affatto
ch’egli ad ogni altro fin ponea di sopra
che il popol suo d’onor fosse rifatto,
dal qual va lunge un ch’arti prave adopra.
Lodò l’altro i suoi detti, e gli promesse
che, innanzi che dal sonno egli sorgesse,