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canto sesto 175

24
     Una notte d’autunno, andando ei molto
di notte, come i topi han per costume,
un temporal sopra il suo capo accolto
oscurò delle stelle ogni barlume;
gelato un nembo in turbine convolto
colmò le piagge d’arenose spume,
ed ai campi adeguò cosí la via,
che seguirla impossibil divenia.
25
     Il vento con furor precipitando
schiantava i rami e gli arbori svellea,
e tratto tratto il fulmine piombando
vicine rupi e querce scoscendea
con altissimo suon, cui rimbombando
ogni giogo, ogni valle rispondea,
e con tale un fulgor, che tutto il loco
parea subitamente empier di foco.
26
     Non valse al conte aver la vista acuta
e nel buio veder le cose appunto,
che la strada assai presto ebbe perduta,
e dai seguaci si trovò disgiunto.
Per la campagna, un lago or divenuta,
notava e sdrucciolava a ciascun punto.
Piú volte d’affogar corse periglio,
e levò supplicando all’etra il ciglio.
27
     Il vento ad or ad or mutando lato
piú volte indietro e innanzi il risospinse,
talora il capovolse, e nel gelato
umor la coda e il dorso e il crin gli tinse,
e piú volte, a dir ver, quell’apparato
di tremende minacce il cor gli strinse,
ché di rado il timor, ma lo spavento
vince spesso de’ saggi il sentimento.