Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/175


canto quinto 165

40
     Al lago che di sopra io ricordai,
ch’or limpido e brillando al chiaro giorno
spargea del sol meridiano i rai,
appoggiâr delle squadre il destro corno,
l’altro al poggio che innanzi anco narrai
alto ed eretto, e quanti erano intorno
lochi angusti e boscosi ed eminenti
tutti fêro occupar dalle lor genti.
41
     Giá per mezzo all’instabil polverio
si discernea de’ granchi il popol duro,
che quetamente e senza romorio
nella sua gravitá venía sicuro.
Alzi qui la materia il canto mio,
e chiaro il renda se fu prima oscuro;
qui volentieri invocherei la musa,
se non che l’invocarla or piú non s’usa.
42
     Eran le due falangi a fronte a fronte
giá dispiegate ed a pugnar vicine,
quando da tutto il pian, da tutto il monte
diêrsi a fuggir le genti soricine;
come non so, ma né ruscel né fonte,
balza né selva al corso lor die’ fine.
Fuggirian credo ancor, se i fuggitivi
tanto tempo il fuggir serbasse vivi.
43
     Fuggîro al par del vento, al par del lampo
fin dove narra la mia storia appresso.
Solo di tutti in sul deserto campo
Rubatocchi restò come cipresso
diritto, immoto, di cercar suo scampo
non estimando a cittadin concesso
dopo l’atto de’ suoi, dopo lo scorno,
di che principio ai topi era quel giorno.