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canto terzo 139

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     Non d’onore appo noi, ma d’odio e sdegno
han gara i sommi di quel secol bruno.
Né facilmente a chi dovuto il regno
dell’odio sia giudicherebbe alcuno;
se tu, portento di superbia e pegno
d’ira del ciel, non superassi ognuno,
o secondo Filippo, austriaca pianta,
di cui Satàn maestro ancor si vanta.
33
     Tant’odio quanto è sul tuo capo accolto
de’ tuoi pari di tempo e de’ nepoti,
altro mai non portò vivo o sepolto,
o ne’ prossimi giorni o ne’ remoti.
Tu, nominato, ogni benigno volto
innaspri ed ogni cor placido scoti,
stupendo in ricercar nell’ira umana
la piú vivace ed intima fontana.
34
     Dopo te, quel grandissimo incorono
duca d’Alba, che quasi emulo ardisce
contender teco, e il general perdono,
tutti escludendo, ai batavi bandisce.
Nobile esempio e salutar, che al trono
de’ successori tuoi tanto aggradisce,
a cui d’Olanda il novo sdegno e il tanto
valor si debbe ed il tuo giogo infranto.
5
     Ma di troppo gran tratto allontanato
son da Topaia, e là ritorno in fretta,
dove accolto, o lettori, in sul mercato
un infinito popolo m’aspetta,
che un infinito cicalar di Stato
ode o presume udir, loda o rigetta,
e si consiglia, o consigliar si crede,
e fa leggi, o di farle ha certa fede.