36
— Date sian queste cose e non concesse —
rispose al granchio il conte Leccafondi; —
ma qual nume ordinò che presedesse
all’equilibrio general de’ mondi
la nazion de’ granchi, e che attendesse
a guardar se piú larghi o se piú tondi
fosser che non dovean topi e ranocchi
per trar loro o le polpe o il naso o gli occhi? 37
— Noi — disse il general — siam birri appunto
d’Europa e boia, e professiam quest’arte. —
Nota, saggio lettor, ch’io non so punto
se d’Europa dicesse o d’altra parte,
perché, confesso il ver, mai non son giunto,
per molto rivoltar le antiche carte,
a discoprir la regione e il clima
dove i casi seguîr ch’io pongo in rima: 38
ma detto ho dell’Europa, seguitando
del parlar nostro la comune usanza.
Ora, al parlar del granchio ritornando:
— In nostra guardia — aggiunse — è la costanza
degli animai nell’esser primo, e quando
di novitá s’accorge o discrepanza
dove che sia, lá corre il granchio armato
e ritorna le cose al primo stato. 39
— Chi tal carco vi die’? — richiese il conte.
— La crosta — disse, — di che siam vestiti,
e l’esser senza né cervel né fronte,
sicuri, invariabili, impietriti
quanto il corallo ed il cristal di monte,
per durezza famosi in tutti i liti:
questo ci fa colonne e fondamenti
della stabilitá dell’altre genti.