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94 i - versi

5
     Restava il terzo, quel sì prode e vago,
a me sì caro ed a la moglie mia.
Questo le rane ad affogar nel lago
m’han tratto. Amici, orsú! prego, non sia
tanta frode impunita: armiamci in fretta:
pèran tutte, che giusta è la vendetta. —
6
     Taciuto ch’ebbe il venerando topo,
fêr plauso i circostanti al suo discorso;
— Armi! — gridâro — a l’armi! —; e pronto a l’uopo
venne di Marte il solito soccorso,
che le persone a far vie piú sicure
l’esercito fornì de l’armature.
7
     Di cortecce di fava aperte e rotte
prestamente si fêr gli stivaletti
(rósa appunto l’avean quell’altra notte);
di canne s’aiutâr pe’ corsaletti,
di pelle per legarle, e fu d’un gatto
che scorticato avean da lungo tratto.
8
     Gli scudi fûr de le novelle schiere
unti coperchi di lucerne antiche;
gusci di noce fûro elmi e visiere;
aghi fûr lance. Alfin d’aste e loriche
e d’elmi e di tutt’altro apparecchiata,
in campo uscí la poderosa armata.
9
     A l’udir la novella, si riscosse
il popol de’ ranocchi. Uscîro in terra;
e mentre consultavano qual fosse
l’occasion de l’improvvisa guerra,
ecco apparire Montapignatte il saggio,
figlio del semideo Scavaformaggio.