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E se colma d’angoscia e di paura
     Del topolin la vita ci apparisce,
     Il qual mirando mai non s’assicura,
     Fugge e per ogni crollo inorridisce,
     Corruzion si creda e non natura
     La miseria che il topo oggi patisce,
     A cui forse il menâr quei casi in parte
     Che seguitando narran queste carte.

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E la dispersion della sua schiatta
     Ebbe forse d’allor cominciamento;
     La qual raminga in sulla terra è fatta,
     Perduto il primo e proprio alloggiamento,
     Come il popol giudeo, che mal s’adatta,
     Esule, sparso, a cento sedi e cento,
     E di Solima il tempio e le campagne
     Di Palestina si rammenta e piagne.

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Ma il novello signor giurato ch’ebbe
     Servar esso e gli eredi eterno il patto,
     Incoronato fu come si debbe;
     E il manto si vestì di pel di gatto,
     E lo scettro impugnò che d’auro crebbe,
     Nella cui punta il mondo era ritratto,
     Perchè credeva allor del mondo intero
     La specie soricina aver l’impero.


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