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Non potendo mai star che la natura,
Che al ben degli animali è sempre intenta,
E più dell’uom, che principal fattura
Esser di quella par che si consenta
Da tutti noi, sì povera e sì dura
Vita, ove pur pensando ei si sgomenta,
Come propria e richiesta e conformata
Abbia al genere uman determinata.
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Nè manco sembra che possibil sia
Che lo stato dell’uom vero e perfetto
Sia posto in capo di sì lunga via
Quanta a farsi civile appar costretto
Il gener nostro a misurare in pria,
U’ son cent’anni un dì quanto all’effetto:
Sì lento è il suo cammin per quelle strade
Che il conducon dal bosco a civiltade.
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Perchè ingiusto e crudel sarebbe stato,
Nè per modo nessun conveniente,
Che all’infelicità predestinato,
Non per suo vizio o colpa, anzi innocente,
Per ordin primo e natural suo fato,
Fosse un numero tal d’umana gente,
Quanta nascer convenne e che morisse
Prima che a civiltà si pervenisse.