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Alfin di tanto suon, tanta possanza
Nessuno effetto riuscir si vede,
Anzi il gran fascio che sue forze avanza
Gitta egli stesso e volontario cede,
La cui mole, che invan passò l’usanza,
Divide e perde infra più d’uno erede;
Poi chiuso, in monacali abiti involto
Gode prima che morto esser sepolto.
31
O costanza, o valor de’ prischi tempi!
Far gran cose di nulla era vostr’arte;
Nulla far di gran cose età di scempi
Apprese da quel dì che il nostro Marte
Costantin, pari ai più nefandi esempi,
Donò col nostro scettro ad altra parte;
Tal differenza insieme han del romano
Vero imperio gli effetti, e del germano.
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Non d’onore appo noi, ma d’odio e sdegno
Han gara i sommi di quel secol bruno.
Nè facilmente a chi dovuto il regno
Dell’odio sia giudicherebbe alcuno;
Se tu, portento di superbia e pegno
D’ira del ciel, non superassi ognuno,
O secondo Filippo, austriaca pianta,
Di cui Satan maestro ancor si vanta.