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Non altrimenti il topo, il qual solea
     Voci e segni osservar con molta cura,
     Non so già da qual nume o da qual dea
     Topo o topessa o di simil natura,
     Sperò certo, e mestier gliene facea
     Per sollevare il cor dalla paura,
     Che il cuculo, che i topi han per divino,
     Nunzio venisse di non reo destino.

7


Ma già dietro boschetti e collicelli
     Antica e stanca in ciel salia la luna,
     E su gli erbosi dorsi e i ramuscelli
     Spargea luce manchevole e digiuna,
     Nè manifeste l’ombre a questi e quelli
     Dava, nè ben distinte ad una ad una;
     Le stelle nondimen tutte copria,
     E desiata al peregrin venia.

8


Pur, come ai topi il lume è poco accetto,
     Di lei non molto rallegrossi il conte,
     Il qual, trottando a piè, siccome ho detto,
     Ripetea per la valle e per lo monte
     L’orme che dianzi, di fuggir costretto,
     Impresse avea con zampe assai più pronte,
     E molti il luogo or danni ora spaventi
     Di quella fuga gli rendea presenti.