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Era questi un guerrier canuto e prode,
Che per senno e virtù pregiato e culto
D’un vano perigliar la vana lode
Fuggia, vivendo a più potere occulto,
Trattar le ciance come cose sode
A genti di cervel non bene adulto
Lasciando, e sotto non superbo tetto
Schifando del servaggio il grave aspetto.
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Infermo egli a giacer s’era trovato
Quando il granchio alle spalle ebbero i suoi,
Ed a congiure sceniche invitato
Chiusi sempre gli orecchi avea di poi,
Onde cattivo cittadin chiamato
Era talor dai fuggitivi eroi,
Ed ei tranquillo in sua virtù, la poco
Saggia natura altrui prendeva in gioco.
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Tale oracolo avuto, alle superne
Contrade i passi ritorceva il conte,
Scritto portando delle valli inferne
Lo spavento negli atti e nella fronte.
Qual di Trofonio già nelle caverne
Agli arcani di Stige e d’Acheronte
Ammesso il volgo, in sull’aperta riva
Pallido e trasformato indi reddiva.