Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 124 — |
9
E dell’uscir di là nessun desio
Provano i morti, se ben hanno il come;
Che spiccato che fu de’ topi l’io
Non si rappicca alle corporee some,
E ritornando dall’eterno oblio
Sanno ben che rizzar farian le chiome;
E fuggiti da ognuno e maladetti
Sarian per giunta da’ parenti stretti.
10
Premii nè pene non trovò nel regno
De’ morti il conte, ovver di ciò non danno
Le sue storie antichissime alcun segno.
E maraviglia in questo a me non fanno;
Che i morti aver quel ch’alla vita è degno,
Piacere eterno ovvero eterno affanno,
Tacque, anzi mai non seppe, a dire il vero,
Non che il prisco Israele, il dotto Omero.
11
Sapete che se in lui fu lungamente
Creduta ritrovar questa dottrina,
Avvenne ciò perchè l’umana mente
Quei dogmi ond’ella si nutrì bambina
Veri non crede sol, ma d’ogni gente
Natii, quantunque antica o pellegrina.
Dianzi in Omero errar di ciò la fama
Scoprimmo: ed imparar questo si chiama.