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E dell’uscir di là nessun desio
     Provano i morti, se ben hanno il come;
     Che spiccato che fu de’ topi l’io
     Non si rappicca alle corporee some,
     E ritornando dall’eterno oblio
     Sanno ben che rizzar farian le chiome;
     E fuggiti da ognuno e maladetti
     Sarian per giunta da’ parenti stretti.

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Premii nè pene non trovò nel regno
     De’ morti il conte, ovver di ciò non danno
     Le sue storie antichissime alcun segno.
     E maraviglia in questo a me non fanno;
     Che i morti aver quel ch’alla vita è degno,
     Piacere eterno ovvero eterno affanno,
     Tacque, anzi mai non seppe, a dire il vero,
     Non che il prisco Israele, il dotto Omero.

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Sapete che se in lui fu lungamente
     Creduta ritrovar questa dottrina,
     Avvenne ciò perchè l’umana mente
     Quei dogmi ond’ella si nutrì bambina
     Veri non crede sol, ma d’ogni gente
     Natii, quantunque antica o pellegrina.
     Dianzi in Omero errar di ciò la fama
     Scoprimmo: ed imparar questo si chiama.