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Reliquie lor le scole ed i musei
     Soglion l’ossa serbar disotterrate.
     Riconosciuta ancor da’ nostri augei
     L’umile roccia fu che la cittate
     Copria de’ topi, e quattro volte e sei
     L’esule volator pien di pietate
     La rimirò dall’alto e sospirando
     Si volse indietro e si lagnò del bando.

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Alfin dopo volare e veder tanto
     Che con lingua seguir non si potria,
     Scoprì la coppia della quale io canto
     Un mar che senza termini apparia.
     Forse fu quel cui della pace il vanto
     Alcun che poi solcollo attribuía,
     Detto da molti ancor meridiano,
     Sopra tutti latissimo oceano.

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Nel mezzo della lucida pianura
     Videro un segno d’una macchia bruna,
     Qual pare a riguardar, ma meno oscura,
     Questa o quell’ombra in sull’argentea luna.
     E là drizzando il vol nell’aria pura
     Che percotea del mar l’ampia laguna,
     Videro immota, e come dir confitta
     Una nebbia stagnar putrida e fitta.