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1)’ ERCOLE E ATLANTE. a5 mi gitti le ^radici per le spalle, e non ci si abbar- " biclii. erc. Io piuttosto credo cbe dorma, e cbe questo sonno sia della qualità di quello di Épimenide (3), cbe durò un mezzo secolo e più; o come si dico di Ermotimo (4), che Y anima gli usciva del corpo ogni volta che voleva, e stava fuori molti anni, andando a diporto per diversi paesi, e poi tornava, finché gli amici per finire questa canzona, abbruciarono il corpo; e così lo spirito ritornato per entrare, trovò che la casa gli era disfatta, o che se voleva alloggiare al coperto, gliene conveniva pigliare un’altra a pigione, o andare all’osteria. Ma per fare che il mondo non dorma in eterno, e che qualche amico o benefattore, pensando che egli sia morto, non gli dia fuoco, io voglio che noi proviamo qualche modo di risve- atl. Bene, ma cbe modo? erc. Io gli farei toccare una buona picchiata di questa clava: ma dubito che lo finirei di schiacciare, e che io non ne facessi una cialda; o eh© la crosta, secondo che riesce così leggero, non gli sia tanto assottigliata, che egli mi scricchioli sotto il colpo come un uovo. E anche non mi assicuro che gli uomini, che al tempo mio combattevano a corpo a corpo co’ leoni e adesso colle pulci, non tramortiscano dalla percossa tutti in un tratto. Il meglio sarà eli* io posi la clava e tu il gabbano, e facciamo insieme alla palla con questa spruzza. Mi dispiace eh’ io non ho recato i brac-