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DI FEDERICO RUYSCE CO. 169 parare senza una grandissima violenta, e r»n travaglio indicibile. • - mor. Dimmi: lo spirito è forse appiccato al corpo ccn qualche nervo, o con qualche muscolo o membrana, che di necessità si abbia a rompere quando lo spirito si parte? o forse è un membro del corpo, io modo che n’ abbia a essere schian* tato o reciso violentemente ? Non vedi che 1* anima in tanto esce di esso coj*po, in quanto solo è impedita di rimanervi, e non v’ha più luogo; non gLi per nessuna forza cho ne la strappi e sradichi? Diurni ancora; forse ndl'entrarvi, ella vi si sente conficcare o allacciare gagliardamente, o come tu dici, conglutinare ? Perchè dunque sentirà spiccarsi all’ uscirne, o vogliamo dire proverà una fcens&zrone veementissvna? Abbi per fermò, che l’entrata e 1* use ta deir.an!ma sono parimente quiete, facili e molli. rd*. Dunque che cosa ( è la morte, se non è J dolore? * ( i che il ( morire, come l’addormentarsi, non si fa in un solo istante, ma per gradi. Vero è che questi gradi sono*più o meno, e maggiori o mirarci, secondo la varietà delle cause e dei generi della morte. Nell’ultimo di tali istanti la morte non reca nè dolorò nè p-acere alcuno, come nè anche il sonno. Ne;l: altri precedenti non può generar dotare: perchè il dolore è cosa viva, e i sensi de’l’uomo in quel tempo, cioè cominciata che è la morte; sono moribondi,* che è quanto dire estremamente 8 mor. Piuttosto piacere che akro. Sapp