Pagina:Leopardi - Operette morali, Gentile, 1918.djvu/55


li

lodarsi del fato. Quando Morte spiegherà le penne al suo pregare, lo troverà

Erta la fronte, armato,
E renitente al fato,
La man che flagellando si colora
Nel suo sangue innocente
Non ricolmar di lode.
Non benedir...

La morte è consolatrice e liberatrice da questo fato crudele: ma già Leopardi aspetta sereno quel di ch’ei pieghi addormentato il volto nel virgineo seno; e il fato è vinto nel suo animo gentile da questa aspettazione della morte: vinto nella stessa vita. E questo è l’animo di Tristano; il quale, dopo avere con amara ironia fatta la palinodia del suo libro, conchiude che il meglio sarebbe di bruciarlo: «non lo volendo bruciare, serbarlo come un libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici, ovvero come un’espressione dell’infelicità dell’autore»; perché, soggiunge al suo amico Tristano, con accento che viene dal cuore e vibra di commozione, «perché in confidenza, mio caro amico, io credo felice voi e felici tutti gli altri; ma io quanto a me, con licenza vostra e del secolo, sono infelicissimo: e tale mi credo; e tutti i giornali de’due mondi non mi persuaderanno il contrario ». Egli è flagellato dallo stesso fato di Amore e Morte: «e di più vi dico francamente ch’io non mi sottometto alla mia infelicità, né piego il capo al destino, o vengo seco a patti, come fanno gli altri uomini; e ardisco desiderare la morte, e desiderarla sopra ogni altra cosa... Né vi parlerei così se non fossi ben certo che, giunta l’ora, il fatto non ismentirà le mie parole... In altri tempi ho invidiato gli sciocchi e gli stolti, e quelli che hanno un gran concetto di se medesimi; e volentieri mi sarei cambiato con qualcuno di loro. Oggi non invidio più né stolti né savi, né grandi né piccoli, né deboli né potenti. Invidio i morti»: i morti di Ruysch, già sicuri dall’antico dolor! E quest’invidia, questo desiderio intenso della morte, è fiducia confortata da una speranza che non fallirà, e che già allieta di sé l’animo sottratto per