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Pag. 94,3 - Quest’ uno è il L. stesso, che di sé racconta nella Iett. 23 giugno 23 al Jacopssen : « Dans l’amour, toutes les jouissances qu’éprouvent les ames vulgaires, ne valent pas le plaisir que donne un seul instant de ravissement et d’émotion profonde. Mais comment faire que ce sentimeut soit durable, ou qu’ il se renouvelle souvent dans la vie ? Où trover un coeur qui lui réponde? Plusieurs fois j'ai ¿Dite pendant quelques jours de rencontrer l’ objet qui m’avait charmé dans un songe délicieux. Je savais que ce charme aurait été détruit en s’ approchant de la réalité. Cependant je pensais toujours à cet objet, mais je ne le considérais pas d’après ce qu’ il était : je le contemplais dans mon imagination, tel qu’ il m’ avait paru dans mon songe ». Cfr. il Sogno, 79 ss. e Alla mia donna. Pag, 95, 12 - Ricordanze, 82-3: « Diletti e beni, mero desio ». Pag. 95, 19 - Cfr. Zibald. II, 46-8 (dove si svolge il concetto che € il piacere umano.... si può dire eh' è sempre futuro) » ; VI, 146-7 (dove si corregge: « 11 piacere è sempre passato o futuro, e non mai presente ») e il Sabato del villaggio. Pag. 97, 15 - Cfr. lo svolgimento della stessa idea nello Zibald.,VI 68-9,127. E intorno alla noia il n. 67 dei Pensieri, nonché LOSACCO, Il sentimento della noia nel Leop.enel Pascal, in Atti della R.Acc. delle se. di Torino, XXX, 1895. Pag. 98, 13-4 - Ad Angelo Mai, 70-72: « E pur men grava e morde | Il mal che n’addolora | Del tedio che n'affoga ». Pag. 100, 15-16 - Né il Della Giovanna, né Io Zingarelli mi pare abbiano inteso esattamente quest* uscita del Genio. II primo richiama quei versi della Quiete dopo la tempesta « .... assai felice Se respirar ti lice D* alcun dolor.... »; e l'altro spiega: « Cioè, che essa vi sembri pesante, ma non più troppo difficile e moietta ». Il Genio, dopo avere ricordato l’immagine della vita itratcinata coi denti, ossia duramente stentata, dice: — Beato quel giorno (della morte), in cui non vi toccherà più di strascinare la vita coti faticosamente, coi denti, ma potrete recarvela in mnno, o caricarvela sul dosso, come cosa che più non v* appartenga, poiché già ve ne sarete sciolti I Pag. 100,26 - Ironia, certamente, cruda; ma giustamente il Della Giovanna ricorda un luogo del Messaggero dello stesso Tasso : « Comecché io non nieghi di etere folte, mi giova nondimeno di credere che la mia follia tia cagionata o da ubriachezza o da amore ; perché io ben, ed in ciò non rn' inganno, che inverchiamente bevo ». Ma è pure in propolito da ricordare quello che il L. tcrive nello Zibaldone (I, 391, VI, 219, 281 >3) degli clfetti consolatori del vino, in quanto « esalta le forze e cagiona una non ordinaria vivacità ed attività ed azione citeriore od interiore, o 1* uno e I* altro, tempre però o quati tempre cagiona eziandio nel tempo tteito una ipecie di letargo, d* ¡nifi tiione, d' ivcuaO'ifita. ». — 337 -