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i voi — 335 — con gli occhi stessi veggiate quello spirito, di cui non colete prestar fede alle mie parole. — Io accettai la proferta, e il teguente giorno »landò noi tutti soli a «eder presso il fuoco, egli, ritolto lo »guardo presto una finestra, e tenendolovi un pezzo fitto, ticchi rappellandolo io, nulla mi rispondeva : alla fine: Ecco, mi ditte, V amico Spìrito, che cortesemente è venuto a favellarmi. Miratelo, e vedrete la verità delle mie parole, lo drizzai gli occhi colà incontanente; ma per molto che io gli aguzzassi, nuli altro vidi, che i raggi del Sole, che per gli vetri della finestra entravano nella camera. E mentre io andavo pur con gli occhi attorno riguardando, e niente scorgendo, ascoltai che Torquato era in altittimi ragionamenti entrato con cui che tia. Perciocché, quantunque io non vedetti né udisti altri che lui, nondimeno le tue parole, or proponendo ed or ritpondendo, erano quali ti veggono ettere fra coloro, che d' alcuna cota importante tono a tiretto ragionamento. E da quelle di lui agevolmente comprendevo collo intelletto l altre, che gli venivano risposte, quantunque per 1’ orecchio non 1 intendesti. Ed erano questi ragionamenti cosi grandi e maravigliosi per le^altitsims cote in etti contenute, e per un certo modo non utato di favellare, eh io, rimato da nuovo stupore sopra me stesso innalzato, non ardivo interrompergli, né addomandare a T or- quato dello Spirito, ch’egli additato mi aveva, ed io non vedevo. In questo modo, ascoltando io mezzo tra stupefatto ed invaghito, buona pezza quasi senza accorgermene dimorammo, alla fin della quale partendo lo Spirito, come interi dalle parole di Torqnato, egli a me rivolto: Saranno oggimai, ditte, sgombrati i dubbi dalla mente tua. Ed io : Anzi ne sono di nuovo più che mai dubbioso, perciocché molte cose ho udite degne di maraviglia, e niuna veduta n’ ho di quelle, che per farmi dai miei dubbi cessare, mi prometteste di mostrarmi. Ed egli torridendo toggiunse: Assai più veduto ed udito hai di quello che forse.... E qui si tacque \ — Bisogna ben credere, che si fosse altamente fitto nella fantasia del Tasso, ciò che si racconta del Genio, o sia dello Spirito di Socrate. Nelle sue grandi e gagliarde astrazioni parea al Tasso, gran filosofo anch’ etto, di parlar con un altro, ed «gli parlava e rispondeva a te ttesso ». Pag, 90, 12 - Eleonora d’ Este sorella del Duca di Ferrara, Alfonso li; della quale la tradizione vuole che il poeta fosse innamorato. Pag. 92, 18 - Ricorda il catulliano Ille mi par esse deo videtur (Carm. LI) e la frase di Saffo, da cui questa di Catullo deriva: <j>X’.VET0lt |A0l xr\vo? Ìcjos Os'oifftv 6J/.IXSV cóvsp. Pag. 92,25 - Cfr. Aspasia, 37-48, dove egualmente si contrappone « l’amorosa idea Che gran parte d’Olimpo in sé racchiude » alla donna reale, che il « rapito amante » finisce col trovare innanzi a sè. Pag. 93, 20 * Allusione al racconto del Vangelo: GIOVANNI, XVIII, 37.