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SCENA QUARTA. COPERNICO E IL SOLE. COP. Illustrissimo Signore. SOLE. Perdona, Copernico, se io non ti io sedere; perché qua non si usano sedie. Ma noi ci spacceremo tosto. 5 Tu hai già inteso il negozio dalla mia (ante, lo dalla parte mia, per quel che la fanciulla mi riferisce della tua qualità, trovo che tu sei molto a proposito per l'effetto che si ticerca. COP. Signore, io veggo in questo negozio molte difficoltà. SOLE. Le difficoltà non debbono spaventare un uomo IO della tua sorte. Anzi si dice che elle accrescono animo all’ animoso. Ma quali sono poi, alla fine, coteste difficoltà ? COP. Primieramente, per grande che sia la potenza della filosofìa, non mi assicuro che ella sia grande tanto, da persuadere alla Terra di darsi a correre, in cambio di 15 stare a sedere agiatamente; e darsi ad affaticare, in vece di stare in ozio: massime a questi tempi; che non sono già i tempi eroici. SOLE. E se tu non la potrai persuadere, tu la forzerai. COP. Volentieri, illustrissimo, se io fossi un Ercole, o 20 pure almanco un Orlando; e non un canonico di Varnia. SOLE. Che fa cotesto al caso? Non si racconta egli di un vostro matematico antico, il quale diceva che se gli fosse dato un luogo fuori del mondo, che stando egli in quello, si fidava di smuovere il cielo e la terra? Or tu 25 non hai a smuovere il cielo; ed ecco che ti trovi in un luogo che è fuor della Terra. Dunque, se tu non sei da meno di quell antico, non dee mancare che tu non la possa muovere, voglia essa o non voglia. COP. Signor mio, cotesto si potrebbe fare : ma ci si 30 richiederebbe una leva ; la quale vorrebbe esser tanto lunga, — 260 —