Sta in primo luogo di fatto che, ad eccezione del Venditore di almanacchi e del Tristano, onde nel ’32 l’autore volle tornare a suggellare il pensiero delle sue Operette, tutte le altre pullularono dall’animo del Leopardi nello stesso tempo, da un medesimo germe d’idee e sentimenti, da una stessa vita. Abbiamo visto che ’l Copernico e il Plotino erano già in mente al poeta quando ei vagheggiava il suo Tasso, il Colombo e fin lo stesso Timandro; e meditava insomma quegli stessi pensieri, che presero corpo nelle Operette del ’24: con le quali infatti, poiché nel ’27 l’ebbe scritte, l’autore senti che dovevano accompagnarsi. Il 21 giugno del '32 all’amico De Sinner, che gli chiedeva scritti inediti da potersi pubblicare a Parigi, scriveva: «Ho bensì due dialoghi da essere aggiunti alle Operette, l’uno di Plotino e Porfirio sopra il suicidio, l’altro di Copernico sopra la nullità del genere umano. Di queste due prose voi siete il padrone di disporre a vostro piacere: solo bisogna ch’io abbia il tempo di farle copiare, e di rivedere la copia. Esse non potrebbero facilmente pubblicarsi in Italia»1. Ma avvertiva subito, che da soli questi dialoghi non potevano andare; e il 31 luglio tornava a scrivere al De Sinner: «Dubito che le mie due prose inedite abbiano un interesse sufficiente per comparir separate dal corpo delle Operette morali, al quale erano destinate»2. Quanto al Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco, esso è del ’25; quindi immediatamente posteriore alle altre prose compagne; e anteriore ad ogni tentativo fatto dall’autore per pubblicare le Operette. Alle quali, nelle edizioni parziali e totali
fattene a Firenze e a Milano, era ovvio che l’autore non potesse pensare ad includerlo a causa del crudo materialismo professatovi, che le Censure non avrebbero lasciato passare. Ma, lasciando per ora da parte queste cinque operette (Stratone, Copernico, Plotino, Venditore d’almanacchi e Tristano) che vennero successivamente ad aggiungersi alle prime venti, è certo che queste
- ↑ Epistolario 6, Firenze, Le Monnier, 1907, vol. II, pag. 486.
- ↑ Epistolario, II, 496.