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DISCORSO.
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napolitano Giambattista Vico: di cui tanti concetti, forse veri e belli nel suo capo, intenebrati da quella sua dicitura selvaggia e stranissima, forse chiara a lui che se la fabricò, sono mero e inutile enigma a tutti gli altri: e coloro, che deridendo o commiserando la nostra corta veduta, si vantano d'intenderlo mirabilmente, ci sforzano a pensare oche c'ingannano o che s'ingannano. Di oracoli o misteri viventi, vogliamo tacere. D'altra parte rechiamoci alla memoria tanti pensieri dagli antichi savi ed eloquenti, che ci riescono tuttavia mirabili: come dopo tanti secoli, per mezzo di tante mondane ruine, pervenivano sino a noi, se non li conservava interi e vivi la forma che li involgeva? I quali concetti non erano già sovrumani; poichè noi (non troppo grandi uomini) bastiamo a giudicarli e approvarli: dovendo per altro ammirare e invidiare quella studiatissima felicità di modi, la qual fu come balsamo a renderli incorruttibili. E i pochi eccellenti fra i moderni (primo di tutti, e assai soprastante a tutti, Dante) dovettero massimamente alla forza e bontà dell'espressione, che fosse accettato il nuovo e gustato il buono delle loro speculazioni. Leopardi ha voluto espressamente, e a me sembra aver conseguito che trionfasse non colorato il vero de' suoi raziocinii e delle sue conclusioni; e con tanta prepotenza d'ingegno ha distrutto ogni vestigio d'arte nel